Un tredicenne orfano scrive una commovente lettera di ringraziamento ai medici che si sono presi cura di lui: «Voi siete come una famiglia per me, la famiglia che non ho mai avuto ma che ho sempre sognato di avere»

Un tredicenne orfano scrive una commovente lettera di ringraziamento ai medici che si sono presi cura

Nella sterile stanza dell’ospedale, il giovane Alessandro, con la sua penna nera e il foglio a righe strappato da un quaderno, traccia le parole di una profonda gratitudine verso coloro che hanno preso cura di lui. Il suo sguardo sul mondo è già stato segnato dall’abbandono e dalla sofferenza, ma in queste righe emerge una dolcezza e una delicatezza che svelano l’anima di un giovane che cerca, nonostante tutto, un riscatto.

In questa città costiera, tra le corsie dell’ospedale, Alessandro ha trovato qualcosa di simile a una casa, e nei volti degli uomini e delle donne in camice bianco ha cercato il calore di una famiglia che non ha mai conosciuto. La sua è una storia di invisibilità, di abbandono, ma anche di forza e coraggio, sprigionati in una lettera struggente e commovente.

Nella sua tenera età, Alessandro ha imparato a cercare il bene anche nelle situazioni più cupe, trovando inaspettati momenti di felicità tra le mura fredde dell’ospedale. Ma presto dovrà affrontare un nuovo addio, radunando i suoi pochi averi in una valigia e partendo verso una destinazione sconosciuta. Eppure, la sua lettera rimane come un grido di speranza e un monito che ci invita a non dimenticare quei bambini che lottano nell’ombra.

La Fondazione Santobono Pausilipon ha condiviso questa toccante lettera, sottolineando la bellezza e la gratitudine che trapelano dalle parole di Alessandro, ma anche l’importanza di rendere visibili storie come la sua, perché siamo tutti responsabili del destino dei nostri giovani, anche di quelli che non conosciamo.

La lettera di Alessandro è un inno alla gentilezza e alla compassione, un invito a guardare oltre le apparenze e a offrire un sostegno a chi ne ha più bisogno. La sua voce si leva come un richiamo all’umanità, un monito a non dimenticare i giovani invisibili, a non farli scomparire tra le pieghe del mondo adulto.