Le scuole si rivolgono maggiormente alle madri piuttosto che ai padri quando i figli non stanno bene o hanno un comportamento scorretto in classe

Nel chiamare la madre anziché il padre, le scuole sembrano perpetuare un’antica tradizione che vede nella figura materna la custode principale del benessere e dell’istruzione dei figli. Ma quali implicazioni ha questa tendenza nella società odierna? È forse un riflesso delle disuguaglianze di genere ancora presenti nel mondo del lavoro e nella divisione dei compiti domestici? O è semplicemente una questione di praticità, considerando che le madri spesso sono più disponibili per rispondere alle chiamate durante il giorno a causa di orari lavorativi più flessibili rispetto ai padri?

C’è da osservare, inoltre, che questa tendenza potrebbe influenzare il rapporto tra genitori e figli, confermando inconsapevolmente un ruolo predominante della madre nella sfera educativa. Eppure, non bisogna dimenticare che i genitori, indipendentemente dal genere, sono entrambi fondamentali per lo sviluppo e la crescita dei propri figli.

In ogni caso, la constatazione di questa discrepanza apre la porta a una riflessione più ampia sulle dinamiche familiari e sulla percezione dei ruoli di genere nella società contemporanea. Forse è giunto il momento di riconoscere e valorizzare in modo equo e paritario il contributo di entrambi i genitori nella vita dei loro figli, a scuola e al di fuori di essa.

L’analisi del divario di genere tra genitori nelle attività scolastiche

In un caldo pomeriggio estivo, mentre le foglie simili a piccoli schermi verdi scorrono sul marciapiede in un turbine di vento, un gruppo di ricercatori dell’Università di Syracuse ha iniziato a interrogarsi su un fenomeno apparentemente comune, ma dalle implicazioni profonde: perché le scuole chiamano sempre le mamme e quasi mai i papà?

Le pressioni derivanti dall’essere madri che lavorano sono già tante, e la costante richiesta di contatto con le scuole dei figli sembra essere un ulteriore peso su queste donne, anche se svolgono lavori molto impegnativi. Questa riflessione è partita da una discussione tra colleghi, da una questione sollevata da tutte le donne intervenute. E così, da una semplice conversazione, è nata una questione di rilevanza sociale e culturale.

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La professoressa Kristy Buzard, con la sua aria pacata e il sorriso gentile che non nasconde la determinazione, si è fatta portavoce di questa problematica. Le mamme si vedono spesso costrette a dire alla scuola di chiamare i padri dei loro figli, ma perché la madre è sempre la prima scelta? È forse un retaggio di vecchie abitudini, una sorta di pregiudizio radicato nella nostra società?

Così, la ricerca è nata, perché nessuno aveva mai affrontato questo problema prima. La curiosità e la determinazione dei ricercatori, unita alla necessità di dare voce a un’identità femminile spesso trascurata, ha portato alla luce uno studio intitolato “Chi chiama?”. Un titolo che, già di per sé, solleva domande e riflessioni sulla nostra quotidiana organizzazione sociale.

E così, nel 2024, Kristy Buzard insieme alle altre coautrici, Olga Stoddard e Laura Gee, hanno gettato luce su un fenomeno apparentemente banale ma carico di significati. La ricerca ha riguardato principalmente genitori eterosessuali, e ha rivelato come le scuole chiamino di default le mamme degli studenti, anche quando entrambi i genitori sono disponibili e hanno fornito i propri numeri di telefono.

Certo, questo è solo un piccolo tassello nel mosaico della vita di ogni giorno, ma riflette una realtà più ampia, fatta di pregiudizi impliciti e ruoli di genere ancora fortemente radicati. Ecco come anche una semplice telefonata può diventare un simbolo delle sfide che le donne devono affrontare in ambito lavorativo e familiare. Ma forse, proprio dalle piccole cose, possiamo iniziare a cambiare la nostra prospettiva e a costruire un mondo più equo e consapevole.

Qual è la ragione per cui le scuole tendono a contattare le mamme con una maggiore frequenza?”

La professoressa in economia ha coronato la sua scoperta con una delle sue abili analisi statistiche, che, come delle lenti d’ingrandimento, permettono di vedere i dettagli più nascosti della realtà quotidiana.

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La decisione presa dalle scuole di contattare maggiormente le madri rispetto ai padri può sembrare un piccolo dettaglio, ma in realtà è in grado di svelare le sottili e profonde dinamiche di potere e rappresentanza all’interno delle relazioni familiari e sociali.

La dinamica che emerge da questa ricerca è indice di un sistema di valori e aspettative che attribuisce alle madri un ruolo privilegiato nella gestione delle questioni legate all’istruzione dei figli. Un’aspettativa che, nella sua apparente leggerezza, racchiude in sé un peso significativo, e aggiunge una pressione ulteriore sulle spalle delle madri, già gravate da troppe aspettative sociali.

Ecco dunque come un semplice conteggio di telefonate e mail può risvegliare un universo di riflessioni e interrogativi sulle dinamiche di genere, sulla distribuzione del lavoro domestico e sulle aspettative sociali legate alla maternità.

La ricerca ha il merito di portare alla luce un aspetto del tessuto sociale che spesso passa inosservato, ma che ha conseguenze significative sulla vita di ogni giorno. E ci invita a riflettere sulle radicate convenzioni e aspettative che guidano le nostre azioni e i nostri giudizi, spingendoci a interrogarci sulle reali motivazioni dietro alle decisioni apparentemente scontate.