I bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento in Italia, tra disinformazione e mancanza di supporto ai bisogni: l’intervista al Prof. Giacomo Stella

I bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento in Italia, tra disinformazione e mancanza di supporto ai bisogni:

L’incontro con Giacomo Stella, psicolinguista di fama internazionale, avvenne in una caffetteria della periferia milanese. Stella, con la sua aria distinta e gli occhiali dal doppio spessore, sembrava già pronto a sfidare e disinnescare le mie domande con la sua conoscenza enciclopedica dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

“Le due parole chiave quando si parla di DSA sono ‘specifico’ e ‘disturbo'”, esordì Stella, sorseggiando il suo caffè. “Specifico, perché si tratta di una difficoltà circoscritta a un’area specifica dell’apprendimento, senza che vi siano deficit generalizzati. E disturbo, appunto, perché parliamo di una condizione che comporta un reale disagio per l’individuo che ne è affetto.” I DSA, mi spiegò, vengono diagnosticati attraverso un percorso complesso che coinvolge diverse figure professionali, come psicologi, neuropsichiatri infantili e logopedisti. È necessario valutare le abilità linguistiche, cognitive, visive e motorie del soggetto, per poter individuare con precisione la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento.

E mentre Giacomo Stella mi guidava attraverso le intricazioni di questa condizione, non potevo fare a meno di riflettere sulle disuguaglianze presenti nel sistema scolastico. Quante di queste capacità speciali, ridotte a “disabilità”, finiscono per essere emarginate in un contesto che dovrebbe invece valorizzare la diversità?

La conversazione si protrasse per ore, ma ciò che più mi colpì di Giacomo Stella non fu solo la sua competenza, bensì la sua passione nel voler migliorare le condizioni di chi, come lui stesso, aveva dovuto affrontare le sfide dei DSA fin dall’infanzia. Era evidente che, per lui, il lavoro svolto non era solo un compito professionale, ma una missione personale per rendere il mondo un posto migliore per chiunque si trovi a lottare contro le proprie difficoltà d’apprendimento.

Avevo di fronte un uomo che, con il suo impegno e la sua dedizione, andava ben oltre il semplice studio dei DSA, ma che si adoperava per un cambiamento culturale e sociale che non avrebbe dovuto limitarsi solo all’ambito scolastico. Quella giornata mi aprì gli occhi su quanto sia importante lottare per un’educazione inclusiva e per un mondo che sappia valorizzare le diversità anziché emarginarle.

Qual è la definizione di DSA e come influisce sulle abilità di apprendimento?

Così come il test non può esaurire la complessità di un individuo, così una singola prestazione

In un’epoca in cui l’istruzione assume un ruolo sempre più centrale nella formazione dei giovani, i DSA rappresentano un nodo cruciale nella comprensione del processo di apprendimento. La società moderna eleva spesso l’efficienza e la produttività come valori supremi, eppure, di fronte a individui che faticano nell’apprendimento, si è soliti attribuire la responsabilità della situazione unicamente alla mancanza di impegno o motivazione. Tuttavia, come sottolinea il professore Stella, bisogna considerare che spesso dietro una supposta “svoglia” si nasconde qualcosa di più complesso e sottile.

Le anomalie citoarchitettoniche che determinano i DSA ci riconducono alla fragilità e alla complessità del cervello umano, un organo straordinario capace di adattarsi e di compensare le proprie peculiarità. La variazione genetica, elementare e impercettibile, può dare vita a differenze significative nella struttura neurale. È un richiamo alla pluralità e alla diversità insita in ciascun individuo, anche in coloro che, all’apparenza, sembrano identici. Le sottili differenze che sfuggono all’occhio inesperto si rivelano come un tappeto di sfumature nel quadro più ampio dell’esperienza umana.

La lotta contro la disinformazione sulla natura dei DSA appare come una sfida educativa di fondamentale importanza, una battaglia contro la superficialità delle etichette e delle diagnosi affrettate. È un invito a espandere la nostra visione, a esplorare nuove prospettive e ad abbracciare la molteplicità delle esperienze umane. Solo così potremo compiere progressi significativi nell’accompagnamento e nell’inclusione di coloro che affrontano ostacoli nell’apprendimento.

Come viene effettuata la diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)

Tuttavia, la presenza degli insegnanti, almeno nella fase finale, potrebbe essere molto utile.

Innanzi tutto viene valutata l’abilità di Lettura, con prove di comprensione e velocità nella decodifica delle parole. Ma non solo: si considera anche la capacità di Scrittura, con esercizi di ortografia e di composizione di testi. E ancora, si esamina l’abilità matematica, con test di Calcolo e di problem solving.

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Questi sono solo alcuni degli aspetti presi in considerazione, ma la complessità del test rispecchia la complessità stessa dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Eppure, nonostante i progressi della scienza, è come se l’identificazione e la comprensione di questi disturbi fossero ancora avvolte da un alone di mistero, come se la mente umana, con tutte le sue intricate sfaccettature, non si lasciasse del tutto indagare e catalogare.

In fondo, la vita stessa è simile a un complesso test di valutazione, in cui ci si trova ad affrontare prove e sfide diverse, a volte invisibili agli occhi ma sempre presenti nella nostra esperienza quotidiana. Come individui, siamo costantemente chiamati a decodificare il mondo che ci circonda, a comprenderne le sfumature e ad adattarci alle sue richieste mutevoli. E forse, proprio come nel test per i DSA, la nostra capacità di superare queste prove dipende non solo dalle nostre abilità oggettive, ma anche dalla sensibilità e dalla curiosità con cui affrontiamo il complesso enigma della vita.

Livello di intelletto e capacità cognitive

Come sottolineava Umberto Eco, l'intelligenza è anche capacità di adattamento, di comprendere il contesto e di

In verità, l’intelligenza è una questione complessa, che va ben oltre la mera valutazione dei punteggi in un test. Come sottolineava Umberto Eco, l’intelligenza è anche capacità di adattamento, di comprendere il contesto e di relazionarsi con esso in maniera efficace.

La vita, infatti, non si svolge in un’unica giornata di esame, ma è fatta di molteplici sfaccettature e dinamiche in continua evoluzione. Così come il test non può esaurire la complessità di un individuo, così una singola prestazione scolastica non può definire il valore di una persona.

L’analogia del motore è illuminante: anche la mente più brillante ha bisogno di un funzionamento ottimale in tutti i suoi componenti per poter esprimere appieno le proprie potenzialità. In un mondo che premia spesso la rapidità e l’efficienza, ci sono molte forme di intelligenza che rischiano di restare in ombra.

E così, la scuola diventa un luogo non solo di apprendimento, ma anche di sfida e di confronto, dove le diversità possono essere trasformate in risorse. E forse, proprio da quelle differenze, possono emergere nuove prospettive e soluzioni in un mondo sempre più complesso e interconnesso.

Linguaggio

In questi casi, è importante che ci sia un’attenzione costante verso la corretta comprensione e produzione del linguaggio, specialmente durante la crescita e lo sviluppo dei bambini. È un aspetto fondamentale che può avere ripercussioni significative sulla qualità della comunicazione e sull’interazione con gli altri.

Ma oltre alle implicazioni pratiche, c’è da considerare anche il lato più profondo di questa questione: il linguaggio è il mezzo attraverso il quale esprimiamo i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri desideri. È il ponte che ci permette di entrare in contatto con il mondo esterno e con le persone che lo abitano. E se questo ponte è debole o traballante, può mettere in pericolo la nostra capacità di relazionarci con gli altri e di farci capire.

Quindi, dietro alla semplice valutazione delle abilità linguistiche, si cela la complessità della comunicazione umana, con tutte le sue sfaccettature e implicazioni. È un tassello fondamentale nella costruzione della nostra identità e del nostro rapporto con il mondo che ci circonda.

Abilità

Nell’ultimo step del percorso di valutazione delle difficoltà specifiche di apprendimento, si giunge finalmente alla valutazione di tre abilità che spesso svelano la presenza di un DSA: la Lettura, la Scrittura e il Calcolo. È un momento cruciale, in cui si cerca di mettere a fuoco le difficoltà che possono derivare da dislessia, disgrafia, disortografia o discalculia.

Stella, la Psicologa che si occupa di queste valutazioni, fa notare che durante questa fase, la presenza dei genitori sarebbe auspicabile, anche se spesso risulta difficile per problemi burocratici e logistici. Tuttavia, la presenza degli insegnanti, almeno nella fase finale, potrebbe essere molto utile. “Sarebbe importante”, commenta Stella, “perché le volte in cui è successo è stato molto utile per mostrare aspetti del problema che venivano percepiti ma di cui non si comprendeva la natura.” Questo momento di valutazione rappresenta un punto di svolta per i ragazzi che affrontano queste difficoltà. Spesso, le loro capacità vengono messe alla prova in modi che possono risultare frustranti e scoraggianti. La presenza e il supporto dei genitori e degli insegnanti può fare la differenza, permettendo di comprendere meglio le sfide che questi ragazzi devono affrontare quotidianamente.

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La vita ci pone di fronte a molte sfide e difficoltà, e l’importanza di avere accanto delle figure di riferimento che possano sostenerci e comprendere le nostre difficoltà è fondamentale. In un contesto scolastico, in particolare, l’aiuto degli insegnanti e il supporto dei genitori possono fare la differenza nel percorso di crescita e di apprendimento dei ragazzi.

Scuola e Disturbi Specifici dell’Apprendimento in Italia: l’opinione esperta sull’argomento

Nel nostro Paese, il fenomeno delle certificazioni DSA sembra diffondersi sempre più, coinvolgendo circa il 5% della popolazione. Tuttavia, come accade frequentemente in molti ambiti, emerge un netto divario tra Nord e Sud, dove in alcune regioni l’incidenza dei DSA fatica a raggiungere l’1%, principalmente a causa della grave carenza di servizi di certificazione.

Secondo Giacomo Stella, la mancanza di certificazioni non è l’unico problema legato alla gestione dei DSA all’interno del contesto scolastico. Il professor Stella evidenzia l’ostilità di alcuni docenti nei confronti di questa tematica, che comporta un adattamento didattico carente e una sottovalutazione del problema.

“La scuola è rimasta rigida, sia nei metodi che nei tempi: si vuole che tutti imparino nello stesso modo e entro gli stessi tempi, e questo vale per tutti i livelli scolastici.” Questo atteggiamento ha un impatto diretto anche sul numero delle diagnosi, spesso etichettate come eccessive e inutili nelle conversazioni quotidiane. “Il problema dell’aumento delle diagnosi è soprattutto dovuto all’incremento della rigidità della scuola. I DSA aumentano perché subentrano quelli che io definisco ‘i disturbi dell’insegnamento’ – sottolinea il professore. – Per esempio, oggi molti bambini preferiscono scrivere in stampatello anziché in corsivo. Tuttavia, le scuole richiedono una certificazione di disgrafia per consentire a un alunno di scrivere in stampatello. Secondo me, la priorità della scuola dovrebbe essere la correttezza ortografica, non la calligrafia.” Ma cosa succede se il DSA riguarda le abilità di Calcolo? Giacomo Stella riporta un ulteriore esempio: “È possibile che un bambino abbia difficoltà con le tabelline, ma per poter utilizzare la tavola pitagorica è richiesta una certificazione. Ma è assurdo! Io alle elementari avevo la tavola pitagorica sul retro di ogni quaderno e sono comunque riuscito a diventare professore universitario. Questo atteggiamento rischia di trasformare le diagnosi di DSA in un modo per scaricare il problema, ma purtroppo finisce per discriminare lo studente.” Così come nei racconti di Calvino, anche nella realtà si manifestano situazioni in cui le regole e i protocolli rigidi possono soffocare le singolarità e le potenzialità individuali, trasformando la diagnosi in una condanna anziché in un sostegno.

L’importanza nell’utilizzo degli strumenti compensativi nella didattica per gli studenti con bisogni educativi speciali

Nel regno della scuola, gli strumenti compensativi si ergono come alleati indispensabili per i giovani studenti che lottano con i Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Ma non è solo una questione di tecniche di studio, di risorse aggiuntive o di strategie didattiche: è una questione di prospettiva, di visione a lungo termine.

Istruire un giovane non è un compito da sottovalutare, è un investimento di tempo e di risorse che può portare frutti straordinari se coltivato con cura e attenzione. Gli strumenti compensativi non sono solo una soluzione momentanea, ma una via per favorire la crescita e la maturazione del pensiero. Come in una partita a scacchi, ogni mossa deve essere ponderata, calcolata e adattata alla situazione. Così anche nell’educazione, ogni strumento, ogni supporto, deve essere scelto con cura e saggezza, per consentire ai giovani di esprimere appieno il loro potenziale.

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Eppure, proprio come nel gioco degli scacchi, ci sono momenti in cui la partita sembra bloccata, in cui le mosse non portano al risultato sperato. È qui che entra in gioco la perseveranza, la pazienza, la fiducia nel potenziale del ragazzo. Non è solo una questione di supporti esterni, ma di cambiamento interno, di adattamento, di evoluzione.

Gli strumenti compensativi non sono stampelle, non sono solo un aiuto momentaneo, ma un tassello nel mosaico complesso dell’educazione. Essi mirano a sviluppare l’autonomia dei ragazzi nel lungo periodo, a renderli sempre più capaci di affrontare le sfide della vita. In fondo, ogni partita di scacchi insegna che il vero trionfo è quello ottenuto con la propria intelligenza e determinazione.

Una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata da un approccio all’istruzione incentrato sulla tecnologia, che favorisca la collaborazione e la cooperazione anziché la competizione.

Il professor Giacomo Stella, con la sua consueta visione anticonformista, si trova a contrastare l’attuale organizzazione scolastica, che pur professandosi inclusiva, non riesce a essere tale nei fatti. La sua proposta di un modello didattico alternativo, basato sul tempo pieno e sull’uso libero degli strumenti compensativi, si inserisce in un contesto in cui la scuola sembra aver perso di vista il vero scopo dell’educazione.

La sua visione, radicata nella volontà di evitare la delega alle famiglie e di garantire un ambiente formativo liberatorio, si scontra con l’attuale pratica educativa, che spesso scarica sulle famiglie i problemi di rendimento degli studenti. Questa situazione mette in luce una questione più ampia, quella della responsabilità nella formazione dei giovani, che non può essere demandata soltanto alla scuola o alle famiglie, ma richiede un impegno condiviso.

La proposta di un tempo pieno scolastico, che permetta agli studenti di svolgere i compiti a scuola e di essere liberi da impegni al ritorno a casa, evidenzia anche il bisogno di ripensare il modo in cui organizziamo il nostro tempo e le nostre attività. Troppo spesso, infatti, la frenesia della vita moderna porta a una sovrapposizione di compiti e a una mancanza di spazi per l’autonomia e la creatività.

Quanto alla proposta di dare più spazio ad attività fisiche ed espressive, si può notare come l’attuale sistema scolastico, concentrato su un numero eccessivo di materie e lezioni, abbia perso di vista l’importanza di un approccio olistico all’apprendimento. L’educazione non dovrebbe limitarsi al mero accumulo di conoscenze teoriche, ma dovrebbe comprendere anche lo sviluppo delle capacità motorie, artistiche e relazionali degli studenti.

Infine, la diffidenza verso la tecnologia rappresenta un limite alla modernizzazione e all’adattamento della scuola alle esigenze del mondo contemporaneo. È importante riconsiderare il ruolo della tecnologia non come una minaccia, ma come uno strumento in grado di arricchire il processo educativo, specialmente alla luce dell’esperienza positiva della Didattica a Distanza durante il lockdown.

Le proposte di Giacomo Stella non si limitano a una critica della realtà, ma suggeriscono un cambio di prospettiva fondato sull’idea di una scuola inclusiva, libera da deleghe e aperta all’innovazione. La riflessione da esse suscitata può essere estesa a una visione più ampia sulla qualità della vita e sul significato autentico dell’educazione.