Adottare un bambino da soli in Italia: le regole, le sfide etiche e sociali e perché è importante affrontare questa tematica

Adottare un bambino da soli in Italia: le regole, le sfide etiche e sociali e perché

L’idea che solo la famiglia tradizionale possa garantire una stabilità sufficiente per l’adozione potrebbe sembrare obsoleta ai giorni nostri, ma è la normativa attuale a imporre tali limiti. Ciò solleva una serie di questioni su come la società e le istituzioni debbano considerare diversi tipi di famiglie e forme di genitorialità.

Tuttavia, esistono eccezioni: la legge consente ad un single di adottare un minore solo in casi particolari, come ad esempio se il minore è già a carico del richiedente, oppure se vi sono vincoli di parentela tra il richiedente e il minore. Inoltre, la sentenza della Corte Costituzionale del 2024 ha stabilito che i single possono adottare un minore anche in assenza di vincoli di parentela o di affidamento preadottivo.

Questa normativa può essere considerata ingiusta e discriminante nei confronti dei single desiderosi di formare una famiglia. Se da un lato, l’adozione da parte di single potrebbe rappresentare una possibilità in più per i minori in attesa di una famiglia, dall’altro lato si potrebbero sollevare dubbi sulla capacità di un singolo genitore di garantire al bambino un ambiente stabile e appagante.

In ogni caso, le convenzioni sociali e le leggi stesse devono continuare a evolversi per rispecchiare la varietà delle famiglie presenti nella società e garantire a ogni minore il diritto ad un ambiente familiare amorevole e sano, indipendentemente dalla configurazione della famiglia che lo accoglie.

E’ possibile per una persona che non è sposata adottare un bambino in Italia?

La legge, nel suo tentativo di regolare un percorso così delicato, lascia spazio all'eccezionalità di ogni

Nella vasta pianura delle adozioni, esistono sentieri secondari, percorsi tortuosi e meno battuti, che conducono a possibilità di unione tra adulti e minori al di fuori del vincolo matrimoniale. Si tratta delle adozioni in casi particolari, un’alternativa possibile per coloro che non sono legati da un nodo coniugale.

L’articolo 44 della legge sulle adozioni traccia i confini di questi casi particolari, delineando i legami di parentela fino al sesto grado o rapporti stabili e duraturi che possono condurre all’adozione di un minore. Si apre così la possibilità per un individuo singolo di accogliere un bambino nel proprio nucleo, anche in presenza di condizioni speciali, come la minorazione fisica o psichica.

Si potrebbe dire che queste adozioni in casi particolari sono dei sentieri meno battuti all’interno del bosco delle adozioni, ma non per questo meno degni di attenzione. Anzi, offrono l’opportunità di costruire legami profondi anche al di fuori della struttura familiare tradizionale. Ecco dunque che si legano due realtà, due vite, in un nodo che può essere altrettanto forte e significativo di un matrimonio.

La vita, si sa, è fatta anche di legami che vanno al di là dei vincoli formali, e queste adozioni in casi particolari ne sono un esempio tangibile. La capacità di accogliere e amare un bambino, di prendersene cura e di crescere insieme, non è prerogativa esclusiva dei matrimoni, ma può fiorire anche in terreni diversi, in cuori singoli pronti ad aprirsi all’amore per un altro essere umano.

È possibile per una persona single prendere in affido un bambino?

Minori che, sul mercato delle adozioni, diventano quindi una sorta di “premio di consolazione” per genitori

L’affido è come un treno in partenza, un passaggio temporaneo che potrebbe trasformarsi in un viaggio a lungo termine. La famiglia d’origine del minore è come una stazione di partenza, da cui il bambino si allontana temporaneamente nella speranza di tornarvi un giorno. Ma spesso, questa stazione rimane solo un miraggio, e il viaggio verso una nuova famiglia diventa irreversibile.

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Il genitore affidatario è come un’inesauribile fonte di amore e attenzioni, pronto a accogliere il minore nel proprio cuore. La legge riconosce il valore di questo legame, anche se non si inscrive nei canoni tradizionali della famiglia. Il minore ha il diritto di mantenere il legame con chi è diventato per lui una presenza costante e affidabile, anche se non corrisponde all’idea convenzionale di genitore.

La vita è fatta di incroci e deviazioni, di stazioni di transito che possono trasformarsi in destinazioni finali. Anche l’affido, inizialmente pensato come una soluzione temporanea, può diventare il percorso definitivo per un minore alla ricerca di una famiglia. La legge, nel suo tentativo di regolare un percorso così delicato, lascia spazio all’eccezionalità di ogni singolo caso, consapevole che non esistono regole fisse quando si tratta di amore e famiglia.

Come adottare un bambino da single all’estero: procedure, normative e documentazione necessaria

È un viaggio senza fine, un percorso ricco di sfumature e sfide, ma che offre sempre

Nella vasta tela delle adozioni, ogni singolo filo si intreccia in un modo unico e irripetibile, creando disegni che si svelano solo agli occhi attenti di chi sa guardare oltre le apparenze. Il divieto di adottare direttamente in Italia per i single è solo uno dei tanti nodi che compongono questa intricata trama.

Ma la vita è fatta anche di spazi vuoti che possono essere riempiti da alternative, da strade secondarie che portano comunque a destinazioni preziose. Così, se in patria si chiudono le porte dell’adozione diretta per i single, esse possono aprirsi in altri paesi, offrendo la possibilità di adottare e poi richiedere il riconoscimento di tale adozione nella propria terra.

È come se, di fronte a un muro invalicabile, si trovasse un varco segreto che conduce a un giardino sconosciuto ma fertile di opportunità. La vita, infatti, è fatta di incroci, di strade che si dividono e si intrecciano in modi imprevedibili, offrendo sempre nuove prospettive e possibilità inaspettate.

E così, se la legge italiana impone limiti all’adozione, lo sguardo può spaziare oltre i confini nazionali, verso paesi dove le regole sono diverse ma dove l’interesse del minore rimane sempre al centro delle decisioni.

La giustizia, come un tessitore paziente, deve adattarsi ai fili provenienti da altri telai, valutando le adozioni straniere secondo parametri diversi ma sempre improntati alla tutela del minore. È un intricato lavoro di confronto e armonizzazione, un tentativo di trovare un equilibrio tra le diverse culture e normative.

E così, nelle maglie della giustizia, possono insinuarsi casi di adozione straniera a favore di single, richiedendo un riconoscimento che tenga conto del bene supremo del minore. È un’opera complessa, fatta di regole e valori intrecciati, dove l’importante è non perdere di vista lo scopo ultimo: proteggere e garantire il benessere dei più vulnerabili.

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In questo intricato labirinto giuridico, siamo costantemente chiamati a esplorare nuovi sentieri, ad aprire nuove strade verso forme di protezione e cura che possano adattarsi alle singole esigenze dei minori. È un viaggio senza fine, un percorso ricco di sfumature e sfide, ma che offre sempre la possibilità di scoprire nuove soluzioni, nuovi modi di proteggere e amare chi è più bisognoso. Questo è il meraviglioso labirinto della vita, che ci chiama a essere sempre pronti ad accogliere e adattarci, pur di garantire un futuro luminoso ai nostri piccoli.

Differenze tra famiglie tradizionali e non tradizionali nel contesto delle adozioni

In questa intricata matassa legislativa si cela una concezione arcaica del concetto di famiglia, una sorta di fossilizzazione delle istituzioni che non tiene conto delle evoluzioni sociali e delle diverse forme di affetto e di cura che possono sussistere al di là della tradizionale coppia coniugata.

E’ come se la legge sottintendesse che solo in un contesto familiare “tradizionale” si possano garantire tutte le risorse necessarie per la crescita sana e equilibrata di un bambino.

Ma la realtà è ben diversa da questa visione idealizzata e statica della famiglia. Ci sono tante situazioni in cui singoli individui o coppie non sposate sono capaci di offrire amore, cure e una solida formazione ai propri figli adottivi. La legge, purtroppo, sembra ignorare questa realtà e continuare a preferire il modello tradizionale a discapito di altre forme di affetto e protezione.

La questione si fa ancora più intricata se consideriamo le varie implicazioni sociali di queste limitazioni. Le persone single o le coppie non sposate che desiderano adottare si trovano ad affrontare non solo le sfide burocratiche, ma anche un diffuso pregiudizio sociale che spesso li emargina o li discrimina.

Questa è solo una delle tante situazioni in cui la realtà complessa e sfaccettata della vita si scontra con una legislazione rigida e anacronistica. E’ come se la legge fosse un vecchio abito troppo stretto che non riesce ad adattarsi ai cambiamenti e alle nuove necessità della società.

Eppure, nonostante tutto, ci sono segnali di cambiamento e di apertura, piccole crepe nella muraglia normativa che lasciano intravedere la possibilità di un approccio più inclusivo e moderno alle adozioni. Speriamo che in futuro si possa assistere a una maggiore attenzione alle diverse forme di genitorialità e a una legislazione più flessibile ed equa per tutti coloro che desiderano formare una famiglia, indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro situazione sentimentale.

Il commento

Nella prassi reale questa forma di adozione avviene tendenzialmente in soli due casi specifici: a seguito di un affido, durante il quale si sia creato un legame talmente importante e solido con il minore da renderlo preferibile a una coppia; o nei casi in cui il minore sia affetto da una qualche patologia o condizione di minorazione. Il che lo renderebbe, in maniera molto crudele, meno “appetibile” per le coppie coniugate. Le quali potrebbero rifiutarne l’adozione preferendo attendere più tempo, nella speranza di adottare un bambino “sano”.

In questa socità la definizione di “famiglie tradizionali” è molto chiara e rigida e rispecchia un’idea di famiglia che risale a secoli fa, rimanendo poco flessibile alle trasformazioni sociali e moderne.

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Questa impostazione giuridica sul tema delle adozioni in merito alle famiglie “non tradizionali” non fa che instaurare un cortocircuito etico e sociale: le persone single vengono considerate genitori non abbastanza meritevoli, a meno che non si tratti di bambini “non desiderati” da altri, allora possono percorrere la via dell’adozione.

Ma solo quando quelle coppie ritenute “migliori” si siano tirate indietro, rifiutandosi di accogliere bambini “imperfetti”. Minori che, sul mercato delle adozioni, diventano quindi una sorta di “premio di consolazione” per genitori considerati dalla legge meno validi di altri.

Una visione orrenda, che comprime ogni diritto civile in gioco, in un contesto che dovrebbe avere come unico scopo quello di garantire al minore un ambiente idoneo in cui crescere e un legame affettivo che lo accompagni lungo il suo sviluppo.

L’attuale sistema delle adozioni crea genitori (e bambini) di serie A e di serie B. La ratio sottesa all’istituto delle adozioni, infatti, non dovrebbe mai essere quello di appagare il desiderio di genitorialità di soggetti che non lo hanno potuto ottenere in altro modo, ma dovrebbe consistere in un atto di solidarietà finalizzato a fornire una famiglia amorevole a un bambino che ne sia sfortunatamente sprovvisto.

Come si può pensare, in questa ottica, di costruire una gerarchia di meritevolezza in termini di amore genitoriale, basandosi unicamente su requisiti vetusti e inadatti quali i legami giuridici che uniscono la coppia, l’identità di genere o la presenza di un partner?

L’accesso da parte delle famiglie “non tradizionali” alle sole adozioni “in casi particolari” non fa che rimarcare questa discriminazione, che vuole differenziare tra genitori di serie A e genitori di serie B. Dove questi genitori considerati “inferiori” non possono che sperare di ottenere un affido che possa poi portare alla costruzione di un legame; oppure ottenere l’adozione di un bambino “sgradito” alle famiglie tradizionali.

Come se, anche lì, il diritto del minore a una famiglia fosse suscettibile a modifiche in base alle sue “qualità” come bambino più o meno appetibile.

Aprire l’accesso al percorso dell’adozione a tutte le famiglie che desiderino donare una casa amorevole a un minore, riposizionandola finalmente nel suo originario ruolo di atto solidaristico, significherebbe smettere di comprimere non solo i diritti dei potenziali genitori ma, soprattutto, quelli dei minori coinvolti.

Bambini che avrebbero diritto a una famiglia accogliente e idonea, non al modello assoluto e univoco di coppia etero e sposata. In una visione così anacronistica del legame familiare da risultare stridente con le reali necessità di migliaia di bambini in stato di adottabilità.