Riflessioni sui bilanci di fine quadrimestre: prima di giudicare nostro figlio, ricordiamoci di come ci comportavamo quando frequentavamo la scuola

Riflessioni sui bilanci di fine quadrimestre: prima di giudicare nostro figlio, ricordiamoci di come ci comportavamo

La fine del quadrimestre è come la chiusura di un capitolo, un momento in cui si tirano le somme, si valuta il cammino fatto finora. Ma chi sono i veri giudici di questo percorso? Non sono tanto gli insegnanti, quanto i genitori, sempre pronti a inventare storie sulla prestazione scolastica dei loro figli. È un rito annuale, un’attesa piena di aspettative, di tensioni e speranze, un momento in cui si misura l’impatto del percorso di apprendimento dei propri figli.

Ma quanto cambiano i tempi! Oggi sembra che persino il linguaggio con cui si esprimono le valutazioni sia diverso, sostituito da faccine e livelli anziché dai tradizionali voti. Ma cosa è successo al buon vecchio vocabolario? È come se ci fosse una costante riduzione delle parole in circolazione, una semplificazione eccessiva, forse non sempre necessaria.

E poi c’è l’ansia delle valutazioni “non ufficiali”, quella che scaturisce dall’osservare i compiti dei ragazzi e trovare errori che sembrano macroscopici agli occhi dei genitori. Ma dobbiamo imparare a controllare questa ansia, a non sostituirci ai nostri figli, a non avere aspettative troppo alte considerando la loro età. Dobbiamo permettere loro di compiere i propri errori, di imparare dalle proprie esperienze, senza essere sempre pronti a intervenire e correggere.

È una vera tortura trattenersi dal suggerire la soluzione ai compiti dei propri figli, ma è un passo necessario per consentire loro di sviluppare autonomia e capacità critica. E a volte dobbiamo anche ammettere di non essere così ferrati nelle materie scolastiche da poter offrire un aiuto veramente efficace. Le divisioni? Un mistero indecifrabile per molti di noi, e non c’è nulla di male nell’ammetterlo.

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E ancora, c’è quel senso di insoddisfazione diffuso tra i genitori, quel desiderio che i propri figli siano sempre un passo avanti, che conoscano sempre di più, che siano sempre i migliori. Ma forse dovremmo prendere una pausa, chiamare i nostri genitori, gli zii, i nonni, e chiedere loro com’era la scuola ai loro tempi. Potremmo rimanere sorpresi nel constatare che le nostre aspettative e le nostre ansie non sono così diverse da quelle che i nostri genitori avevano quando erano al nostro posto.