Francesca Barra si apre in un’intervista con Wamily e condivide la sua opinione riguardo all’utilizzo dei social da parte dei figli, raccontando di aver imposto dei divieti. Inoltre, parla del suo apprendimento del rispetto verso la diversità, ricevuto dai suoi genitori.

Francesca Barra si apre in un’intervista con Wamily e condivide la sua opinione riguardo all’utilizzo dei

Francesca Barra è figlia di genitori severi, ma non per questo meno amorevoli. Contraddittoria? Forse. Ma la vita è fatta di contraddizioni e la genitorialità non ne è esente. I genitori di Francesca erano severi ma ciò non ha impedito a lei di diventare una giornalista indipendente e una donna forte. Un esempio lampante di come la severità e l’amore possano coesistere, influenzando in maniera positiva la vita dei figli.

La complessità della famiglia di Francesca è un altro aspetto che mi ha colpito. Ognuno dei suoi quattro figli è diverso, con le proprie passioni, i propri punti di forza e debolezza. Eppure, nella loro diversità, si crea un equilibrio armonioso, un mosaico di personalità che si integrano a vicenda. È proprio questo il bello della vita familiare, la capacità di convivere con le differenze e di imparare l’uno dall’altro.

Il tema della genitorialità nel XXI secolo è complesso e sfaccettato. Francesca Barra si pone come portavoce di tutte le famiglie, lottando perché esse abbiano gli stessi diritti e le stesse opportunità. È una battaglia importante, perché la società spesso impone standard e modelli da seguire, dimenticandosi delle diversità e delle sfumature che caratterizzano ogni nucleo familiare.

L’idea che non esista il genitore perfetto è fondamentale. Troppo spesso si cade nell’illusione del perfezionismo, cercando di essere genitori impeccabili che non commettono errori. Ma l’importante è accettare le proprie imperfezioni, imparare dagli errori e soprattutto amare incondizionatamente i propri figli, con tutte le sfumature di grigio che la vita porta con sé.

Quali sono le caratteristiche della tua famiglia che ti piace raccontare?

  Nella vita di ognuno di noi, siamo sempre alla ricerca del modello di genitore

La somma dei miei giorni felici si dispiega come un intricato labirinto, in cui le strade si intrecciano e si sovrappongono in un intricato disegno. Ogni giorno, infatti, si completa con una serie di eventi e incontri che si rincorrono come personaggi di una commedia dell’arte, ognuno con il suo ruolo ben definito.

Ma la realtà è ben diversa dai nostri desideri, e spesso, nel corso dei miei giorni felici, mi sono trovato di fronte a situazioni impreviste e sorprendenti, che hanno sgretolato le mie certezze e mi hanno costretto a guardare il mondo con occhi nuovi.

Eppure, nonostante le delusioni e le difficoltà, i miei giorni felici brillano di una luce particolare, come se fossero fatti di una materia diversa, più densa e luminosa. Forse è proprio la consapevolezza della transitorietà di questi momenti che li rende così intensi e pregni di significato.

In fondo, la vita è una continua ricerca di giorni felici, un’incessante lotta contro il tempo che ci spinge verso il futuro, mentre cerchiamo di trattenere con tutte le nostre forze il presente. Eppure, proprio in questa lotta contro la fugacità del tempo, si cela la bellezza della vita, fatta di momenti preziosi e irripetibili.

Così, la somma dei miei giorni felici diventa un racconto senza tempo, un’opera d’arte in continua evoluzione, in cui ogni istante è una pennellata sulla tela della mia esistenza, un frammento di verità che si svela e si nasconde dietro l’apparenza delle cose. E forse è proprio in questa continua danza tra luce e ombra che si cela il segreto della felicità, un equilibrio instabile, fatto di piccoli gesti e grandi emozioni.

Se sei una mamma di bimbi piccoli e il tuo figlio più grande ha superato l’adolescenza, ti chiedi se si va sempre d’accordo?

È proprio questo il bello della vita familiare, la capacità di convivere con le differenze e

La maternità, come la vita stessa, è un percorso imprevedibile e mutevole, che richiede una costante capacità di adattamento. Ogni figlio porta con sé nuove sfide, nuove esperienze da vivere e superare. Come genitore, è necessario trovare un equilibrio tra il proprio benessere e il sostegno ai propri figli. Non si tratta necessariamente di sacrificio, ma di una scelta consapevole di mettere al primo posto il benessere dei propri figli.

Eppure, in mezzo a tutti i cambiamenti e le difficoltà, emerge la necessità di essere un punto fermo per i propri figli. Si tratta di essere un’impalcatura su cui poter contare, anche quando tutto sembra crollare. È un ruolo che richiede una grande resilienza e forza interiore, ma allo stesso tempo può anche essere una fonte di soddisfazione e realizzazione personale.

Nel corso della mia esperienza di genitore, ho spesso rinunciato a qualcosa per poter essere presente per i miei figli. Non è una questione puramente pratica, ma emotiva: è la consapevolezza che sono necessari, che hanno bisogno di me. In fondo, non mi hanno chiesto di venire al mondo, ma ora che sono qui, sento il dovere e il desiderio di essere al loro fianco, di sostenerli nelle sfide della vita.

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La maternità è un percorso unico, in continua evoluzione, come la vita stessa. È una danza tra adattamento e resilienza, tra rinunce e realizzazioni, tra l’amore per i propri figli e la cura di sé stessi. In questo intricato intreccio di emozioni e responsabilità, siamo chiamati a trovare un equilibrio che ci permetta di crescere insieme ai nostri figli, facendo del nostro meglio ogni giorno.

Quali elementi mancano nella nostra società affinché la genitorialità possa essere libera dall’influenza dei ruoli imposti dalla società?

La prima volta che mi ritrovai incinta, non ero consapevole di molti aspetti legati alla maternità,

Dobbiamo imparare a non giudicare, a non pensare di essere superiori agli altri solo perché facciamo scelte diverse, a non escludere le esperienze altrui come se non avessero alcun valore. La vita è varia, complessa, piena di sfumature e non possiamo ridurla a semplici categorie o schemi preconfezionati.

In fondo, ciascuno di noi è il protagonista della propria storia, con le proprie gioie, dolori, e scelte da compiere. Ecco perché è importante aprirsi al dialogo, all’ascolto dei racconti altrui, perché solo così possiamo arricchirci, imparare qualcosa di nuovo, ampliare i nostri orizzonti. Siamo tutti diversi e allo stesso tempo uguali, ognuno con la propria unicità e la propria storia da raccontare.

E così, senza paura di confrontarci con le differenze degli altri, possiamo costruire un mondo migliore, più ricco e inclusivo, fatto di empatia e comprensione reciproca. Solo così possiamo dare valore a ogni singola esistenza, senza sminuirne alcuna e senza sentirsi superiori a nessuno.

Qual è stata l’esperienza di Francesca Barra come figlia? C’è qualcosa che, guardando indietro, non rifaresti nei rapporti con i tuoi genitori?

Nella mia famiglia, la rigidità e la passione si mescolavano in un equilibrio precario, come note dissonanti in un’opera lirica. Ma nonostante ciò, non posso che riconoscere che tutto ciò che sono oggi è stato plasmato da queste esperienze contrastanti.

La vita è fatta di subbugli e contraddizioni, di tensioni che si inseguono e si rincorrono come le note di una melodia. Ma è proprio da queste armonie dissonanti che nasce la bellezza, la complessità che rende la vita degna di essere vissuta.

Ogni famiglia porta con sé le proprie dinamiche, le proprie tensioni e i propri conflitti. Eppure, è proprio in queste imperfezioni che si nasconde la vera essenza dell’amore e della gioia. In fondo, la perfezione non è una condizione umana, ma la capacità di trovare l’armonia nelle imperfezioni.

Guardando il mondo intorno a me, non posso fare a meno di riconoscere la fortuna che ho avuto. La mia famiglia può non essere stata perfetta, ma è stata la mia casa, il mio rifugio, il luogo in cui ho imparato a essere chi sono. E per questo non posso che essere grata.

Le dinamiche della tua famiglia allargata: quali sono i vantaggi e gli ostacoli nell’unione di realtà preesistenti per amore?

I miei figli, con le braccia allargate come ali di farfalla, hanno accolto con leggerezza le nuove figure genitoriali che si sono affacciate nella loro vita. La serenità dei ragazzi non dipende tanto dalla quantità di tempo trascorso insieme durante le festività, quanto piuttosto dalla qualità delle relazioni e degli equilibri che si instaurano nel quotidiano.

L’amore, come una formula alchemica, si moltiplica senza diminuire, e i bambini hanno il diritto di sentirsi al sicuro e amati, senza gelosie o invidie, in un contesto fatto di rispetto reciproco e accettazione. Questo è ciò che ho cercato di trasmettere ai miei figli, una lezione preziosa che spero porteranno con sé per tutta la vita.

L’infanzia è un periodo di scoperte e di prime delusioni che resteranno impresse per sempre nella memoria. È importante saper trasformare queste delusioni in opportunità di crescita, in occasioni per imparare a confrontarsi con la realtà e ad affrontare le sfide future.

Nella mia imperfezione, insieme a Claudio e a sua madre, ho cercato di costruire un ambiente familiare basato sull’ascolto reciproco, sulla condivisione e sull’onestà. Mi interrogo costantemente sul mio ruolo di padre e sulla qualità del mio lavoro educativo. È un dubbio sano, che mi spinge a cercare sempre nuovi modi per essere un genitore migliore, consapevole che l’importante non è essere perfetti, ma impegnarsi sinceramente nel cammino verso la serenità dei propri figli.

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Quali sono le differenze nel vivere la maternità a 26 anni e dopo i 40 anni e cosa vorresti modificare in entrambe le fasi della tua vita?

Niente cambierei, neanche un battito di ciglia, perché sono troppo pratica, troppo legata ai fatti e alle circostanze oggettive. La prima volta che mi ritrovai incinta, non ero consapevole di molti aspetti legati alla maternità, vivevo tutto con una leggerezza che solo l’inesperienza può dare. Ma con l’ultima gravidanza, ero piena di timori, sia per me stessa che per lei. Avevo già perso un bambino prima di Atena e durante la gravidanza di lei ho affrontato la minaccia di un aborto, arrivando a pensare di averla persa. Mi costrinsero al riposo forzato, e fu un periodo difficile da superare.

La cosa più emozionante per me è stata il momento in cui finalmente tornai a casa con Atena e fui accolta dai miei altri figli. In quel momento, avvertivo un senso di sollievo che si mischiava alla consapevolezza di osservare tutto dall’esterno, come se mi trovassi in una dimensione separata. Nonostante il rumore lontano, la sofferenza, le paure, lì dentro c’era la conferma della mia esistenza, il senso ultimo di tutto ciò che sono e che faccio. Ecco, forse è proprio questa la chiave di volta della mia vita: la costante ricerca di senso e di conferma della mia esistenza in mezzo a tutte le avversità.

Qual è il significato di dire che hai figli molto diversi tra loro e che sei una madre diversa con ognuno di loro?

Il maschio adolescente è come un esploratore del mondo, desideroso di conoscere e mettere in discussione tutto ciò che lo circonda. È come se fosse un nuovo continente da scoprire, un territorio in cui si muove con determinazione e audacia, pronto a sfidare le convenzioni e le regole stabilite. È un viaggiatore nel labirinto della propria identità, alla ricerca di risposte che spesso neppure lui sa formulare. È una fase delicata, in cui si mescolano turbamenti e certezze, in cui si sperimentano le prime avventure del pensiero critico.

Eppure, nonostante la fatica e le tensioni, c’è un legame profondo che lega madre e figlio, un filo invisibile che tiene uniti anche nei momenti più difficili. La cucina diventa il luogo simbolico di questo legame, un rifugio in cui ritrovare un po’ di serenità e condividere qualcosa di essenziale come il cibo. La domanda “Che si mangia ma’?” diventa un’occasione per incontrarsi, per cercare di comprendere reciprocamente il mondo che li circonda.

E poi ci sono le bambine, ancora in un mondo protetto, ma già in attesa di entrare in un’avventura simile a quella del fratello adolescente. La madre si prepara mentalmente a ciò che verrà, conscia che anche con loro si apriranno nuove sfide e nuovi orizzonti da esplorare. È un ciclo che sembra ripetersi, ma ogni fase ha le sue peculiarità, i suoi segreti da svelare.

E così la vita continua il suo fluire, portandoci verso nuove tappe da affrontare, nuovi incontri da vivere. Attraverso i figli siamo chiamati a scoprire pezzi inediti di noi stessi, a confrontarci con mondi che pensavamo di conoscere ma che, in realtà, nascondevano ancora tante sorprese. Sono loro, i figli, a guidarci in queste esplorazioni, a darci la possibilità di vivere esperienze che da soli non avremmo mai potuto immaginare.

Qual è il ruolo dei genitori nella gestione del coinvolgimento dei ragazzi e dei bambini sui social media, considerando che questo è un problema attuale e rilevante?

L’importanza della sicurezza nella vita di tutti i giorni è innegabile. Ma bisogna essere consapevoli che dare troppa libertà ai giovani può comportare rischi eccessivi. È necessario proteggerli con autorità, senza cadere nell’errore di pensare che sia normale abusare del controllo.

Personalmente, ho sempre adottato un approccio prudente, stabilendo limiti e offrendo alternative. È un impegno che richiede una costante attenzione, ma è diventato una parte integrante della nostra vita, presente ovunque, dal mondo della scuola alla sfera del tempo libero. Applico le stesse regole che adotterei di fronte a qualsiasi altra minaccia esterna.

Mi piacerebbe che i social collaborassero con scuola e famiglie per rendere più efficace la comunicazione su questo tema così urgente. In fondo, la sicurezza non è solo una questione personale, ma riguarda l’intera collettività.

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Credi che oltre alle sfide sociali, ci siano anche i preconcetti sociali sul concetto di genitori ideali che limitano i giovani di oggi dal desiderio di diventare genitori?

Nella vita di ognuno di noi, siamo sempre alla ricerca del modello di genitore ideale, di quella figura che riesce a combinare alla perfezione dolcezza e fermezza, comprensione e autorità. Ma, se guardiamo bene, ci accorgiamo presto che non esiste un genitore perfetto, così come non esiste un essere umano perfetto. I genitori sono fatti di contraddizioni, di momenti di stanchezza e di momenti di slancio, di giorni in cui sembrano avere tutte le risposte e giorni in cui sono persi e confusi quanto i loro stessi figli. È proprio in questa imperfezione, in questa umanità, che risiede la bellezza della relazione genitori-figli. Perché i nostri figli ci guardino e accettino la nostra imperfezione significa avere la possibilità di imparare insieme, di crescere insieme, di sorridere insieme di fronte ai nostri errori e di festeggiare insieme i nostri successi. Quindi, diciamolo forte e chiaro: non esistono genitori perfetti, ma ci sono genitori che amano i propri figli con tutto se stessi, e questa è la perfezione più autentica che possa esistere.

Ti sei mai sentita giudicata dalle persone per il tuo ruolo di madre?

I figli, creature imprevedibili e implacabili, giudicano sempre senza pietà i genitori, scrutando ogni minimo difetto e fallimento con occhi spietati. Ma degli altri, degli estranei, me ne infischio completamente. La vita è troppo breve per preoccuparsi delle opinioni altrui, troppo piena di incertezze e sorprese per sprecare energie nel cercare l’approvazione degli altri. Bisogna imparare a vivere secondo i propri valori e desideri, a seguire il proprio cammino senza lasciarsi condizionare dalle aspettative esterne. Così facendo, forse si potrà guadagnare anche il rispetto dei propri figli, che un giorno capiranno che la vita è fatta di scelte e che ognuno deve essere libero di compierle senza timore delle critiche altrui.

Secondo la tua opinione, pensi che al giorno d’oggi tutte le famiglie godano delle medesime tutele e degli stessi diritti?

In una società che sembra fissata sul concetto tradizionale di famiglia, coniuge e prole, mi chiedo se non sia arrivato il momento di superare questi schemi e di aprire la mente a una visione più ampia e inclusiva. La famiglia non dovrebbe essere definita dalla sua composizione o struttura, ma piuttosto dall’amore e dalla comprensione reciproca che vi regnano.

Eppure, l’ipocrisia sociale si fa sentire quando si sentono definizioni come “famiglie arcobaleno” o “famiglie allargate”, come se fossero delle categorie separate e distinte dall’idea tradizionale di famiglia. La verità è che esistono famiglie in cui l’amore è il collante principale, dove le relazioni sono basate sulla fiducia e dove c’è un genuino desiderio di condividere la vita insieme.

Sognando un Paese in cui ognuno ha la possibilità di vivere la propria vita nella felicità, mi rendo conto che la realtà è ben diversa. Troppo spesso, le coppie che non rientrano nei canoni tradizionali sono discriminate, private dei loro diritti e dell’assistenza che meriterebbero. È davvero necessario porre dei limiti all’amore e alla felicità delle persone in base a norme obsolete e discriminanti?

Chi si permette di mettere in discussione il diritto al riconoscimento e alla protezione delle diverse tipologie familiari probabilmente ha dei problemi non risolti all’interno della propria casa. Forse è questo il motivo per cui certe realtà spaventano e vengono respinte: perché introducono una dimensione di diversità e complessità che mette in discussione le proprie convinzioni radicate.

In fondo, la vera famiglia è quella in cui regna l’accettazione, il rispetto e l’amore reciproco. Un concetto che dovremmo estendere ben al di là delle classiche definizioni e che dovremmo permettere a tutte le persone, indipendentemente dalla loro situazione familiare, di vivere appieno.