Michela Murgia, scomparsa ieri dopo una lunga malattia, si è distinta nel delineare il concetto di “queer family”, un concetto che sfugge alle categorie convenzionali e si avvicina a un’idea di famiglia basata sul prendersi cura l’un dell’altro, senza legami di sangue ma solo legami di cuore.
Murgia ha adottato il termine inglese “queer”, che in origine indicava qualcosa di eccentrico rispetto alla norma, per conferirgli un significato più profondo e inclusivo. La famiglia “queer” non si basa sui legami biologici, ma piuttosto su legami affettivi e relazionali, in un’ottica di inclusione e accudimento reciproco.
Il concetto di queer family, dunque, si discosta dalle convenzioni tradizionali e si apre a una concezione più ampia di famiglia, dove i legami affettivi superano quelli biologici. Si tratta di un’idea che mette in discussione il concetto stesso di famiglia, proponendo una visione alternativa e emancipata dai vincoli canonici.
Murgia, con la sua esperienza personale, ha dimostrato che la famiglia può essere un nucleo di affetti e accudimento indipendentemente dai legami di parentela. Il concetto di queer family rifiuta l’etichettatura e sfida le convenzioni sociali, aprendo la strada a modalità relazionali più autentiche e non limitate da vincoli normativi.
La scrittrice ha applicato la sua visione della queer family alla propria vita, dimostrando che i legami affettivi e la cura reciproca possono dar vita a una famiglia non convenzionale ma autentica. La sua esperienza personale e le sue riflessioni hanno contribuito a rendere visibile una realtà familiare meno convenzionale ma altrettanto significativa.
Murgia, con il suo contributo intellettuale e il suo impegno politico, ha ampliato il concetto di famiglia, aprendolo a una gamma più ampia di possibilità relazionali. La sua visione della queer family rappresenta un’importante ispirazione per una società che si apre a nuove modalità di costruzione e riconoscimento familiare, libere da pregiudizi e norme rigide.
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