No, non sono di nuovo incinta. Semplicemente mi piace mangiare. Vi prego, lasciate in pace le nostre povere pance!”

No, non sono di nuovo incinta. Semplicemente mi piace mangiare. Vi prego, lasciate in pace le

Erano gli anni luminosi della mia adolescenza quando mi capitò di passare ogni giorno davanti a quel muro su cui era scritto “Chi si fa i fatti propri campa cent’anni“. Il messaggio, forse non del tutto corretto nella forma grammaticale, ma di sicuro incisivo nel suo significato, mi colpì profondamente. Mi sembrava che in quelle poche parole fosse racchiuso il segreto dell’esistenza, un invito a vivere con discrezione e riservatezza, a non immischiarsi nelle vicende altrui e a concentrarsi sulle proprie questioni.

Eppure, oggi, guardandomi intorno, mi rendo conto che il mondo sembra aver dimenticato questo semplice insegnamento. Le persone sembrano aizzarsi l’un l’altra a mille chiacchiere, a mille supposizioni, a mille giudizi su ogni minimo dettaglio della vita altrui. E se c’è un argomento che diventa terreno fertile per le congetture e gli sguardi indiscreti, è proprio la questione della gravidanza.

È come se il nostro corpo diventasse improvvisamente un oggetto pubblico su cui chiunque si sente in diritto di esprimere un parere, di fare domande, di esprimere stupore o gioia. E così, quel piccolo chiletto in più sulla pancia diventa motivo di speculazioni, di presunte congratulazioni, di supposizioni infondate.

La vita, del resto, sembra essere un susseguirsi di interrogativi e di pressioni esterne. Ci si chiede continuamente quali siano le nostre intenzioni, i nostri progetti futuri, le nostre scelte di vita. E a volte, di fronte a queste domande, ci sentiamo come in una sala d’interrogatorio, costretti a giustificare le nostre azioni, le nostre scelte, le nostre preferenze.

Ma perché dobbiamo sempre dare conto agli altri delle nostre decisioni, delle nostre scelte? Perché il nostro corpo, la nostra vita privata, devono essere sottoposti a uno scrutinio costante e invadente? Forse sarebbe meglio prendere esempio da quel vecchio messaggio sul muro, e imparare a vivere in modo più riservato, a concentrarci sulle nostre questioni senza intrometterci in quelle altrui.

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Eppure, la tentazione di reagire, di rispondere con un commento tagliente o provocatorio, è forte. Ma la vera saggezza, forse, sta nel riuscire a mantenere la propria compostezza, a non farsi coinvolgere nelle beghe altrui, a vivere la propria vita con discrezione e rispetto per gli altri.

E così, di fronte a chi insiste con le sue supposizioni sulla nostra pancia, preferiamo rispondere con un sorriso enigmatico e lasciare che le chiacchiere vadano al vento. Perché, alla fine, come recitava quel vecchio messaggio sul muro, “facciamoci gli affari nostri, vivremo a lungo e verosimilmente senza rischiare una testata sul naso”. Potremmo forse aggiungere: e forse vivremo anche meglio, senza essere costantemente al centro dell’attenzione altrui.