La Lingua Dei Segni è Accessibile a Tutti. L’esperta Sottolinea: «Ha Effetti Positivi Anche sui Bambini Udenti e Fornisce Supporto ai Studenti con Disturbi dell’Apprendimento»

La Lingua dei Segni Italiana è come un viaggio attraverso un paesaggio fatto di gesti e espressioni, un universo parallelo che si apre davanti ai nostri occhi. È un linguaggio che si snoda attraverso il corpo, lieve come una danza e potente come un racconto epico. Gli abitanti di questo mondo, i Sordi, sono portatori di una cultura ricca e vibrante, che troppo spesso è ignorata dalla società uditiva.

La decisione della Camera dei Deputati di riconoscere la LIS come lingua a tutti gli effetti è un passo fondamentale verso la valorizzazione di questa forma di comunicazione. Tuttavia, non possiamo dimenticare che l’importanza della LIS va oltre il semplice riconoscimento istituzionale. È necessario combattere i pregiudizi e la disinformazione che circondano la comunità dei Sordi, perché solo così potremo davvero integrare la LIS nella nostra società.

La presenza della LIS nelle scuole e in contesti pubblici è un segnale positivo di apertura e sensibilità. L’arte e la musica, ad esempio, possono diventare ponti tra mondi diversi, come dimostra l’esibizione dei Pinguini Tattici Nucleari a San Siro. L’interprete della LIS, con i suoi gesti eleganti, ha trasformato le parole in movimento, permettendo a tutti di partecipare a quella performance.

Ma non è solo nell’ambito dell’arte che la LIS può trovare spazio. La sua utilità si estende anche alla sfera educativa, dove può diventare uno strumento prezioso per l’inclusione. L’insegnamento della LIS nelle scuole è un passo avanti verso una prospettiva più ampia di apprendimento, capace di valorizzare la diversità linguistica e promuovere la piena partecipazione di tutti gli studenti.

La LIS è un ponte che unisce mondi diversi, un linguaggio universale che va al di là delle parole. La sua bellezza e la sua potenza comunicativa sono un patrimonio che dovremmo tutti imparare a riconoscere e apprezzare. Solo così potremo rompere le barriere invisibili che separano le persone e costruire una società veramente inclusiva.

Qual è il motivo per cui si è parlato di Alberto Sordi in modo così enfatico, tanto da definirlo “con la lettera maiuscola”?

Nella vasta gamma di esperienze umane, esiste un universo parallelo formato da segnanti, una comunità che si distingue non solo per il modo unico in cui si esprime, ma anche per la cultura e l’identità condivise. La Lingua Italiana dei Segni rappresenta l’elemento fondamentale di collegamento tra questi individui, un universo linguistico e culturale che si sviluppa al di fuori dei confini della lingua parlata.

Nel mondo silenzioso dei segnanti, si cela una ricchezza di sfumature e significati che spesso sfuggono alla comprensione di chi si affida esclusivamente alla parola pronunciata. La Lis è una danza visiva, un linguaggio degli occhi e delle mani che esprime pensieri, emozioni e concetti in modo tangibile, quasi palpabile. Laddove la lingua parlata è limitata, la Lis si libra in volo, disegnando nell’aria intrecci di significati che vanno al di là delle parole stesse.

Ma non tutti coloro che si trovano nel mondo della sordità fanno parte di questa comunità. Essere sordi o ipoacusici non implica necessariamente l’adesione alla cultura dei segnanti. E così, anche all’interno di questo universo silenzioso, esistono sfumature e differenze che ci ricordano quanto sia variegata e complessa la condizione umana.

Eppure, nonostante le diversità, vi è un orgoglio che accomuna i segnanti, un senso di appartenenza a una comunità che va oltre la condivisione della Lis. È un orgoglio che ha radici profonde nella storia, nella cultura e nell’identità di un popolo silenzioso, un orgoglio che si esprime nella capacità di superare le barriere comunicative e nella ricchezza di un linguaggio non verbale che porta con sé secoli di esperienze e tradizioni.

In questo mondo silenzioso, fatto di gesti eloquenti e sguardi penetranti, si cela una forma di bellezza e complessità che spesso sfugge a chi si affida esclusivamente alla lingua parlata. E ciò ci ricorda che la vita, in tutte le sue sfaccettature, è un caleidoscopio di culture, lingue e identità che si intrecciano e si arricchiscono reciprocamente.

Qualcuno che conosca la Lingua dei Segni insegnerà a un bambino sordo e ai suoi genitori, che non conoscono la Lingua dei Segni, come comunicare usando tale lingua.

Nella vita di un bambino sordo, la scelta della lingua è fondamentale: se da un lato la Lingua dei Segni rappresenta la sua naturale modalità di comunicazione, dall’altro l’Italiano parlato e scritto è la chiave per interagire con il mondo udente. Questa doppia dimensione linguistica porta il bambino sordo a confrontarsi fin da piccolo con la complessa coesistenza di due mondi, quello dei sordi e quello degli udenti.

La differenza di approccio alla sordità da parte dei genitori gioca un ruolo determinante nel percorso di crescita del bambino. Se i genitori sordi, con la loro esperienza, sono in grado di guidare il figlio attraverso il mondo silenzioso della Lingua dei Segni, i genitori udenti affrontano spesso una sfida più grande nel comprendere appieno le esigenze del proprio bambino e nell’imparare una lingua nuova e diversa da quella parlata.

Nell’affrontare questa sfida, i genitori di bambini sordi si trovano di fronte a una scelta importante, che va oltre l’apprendimento di una lingua: si tratta della scelta di abbracciare e comprendere appieno la realtà del proprio figlio, senza smarrirsi di fronte alle difficoltà e alle diversità. È un percorso che richiede apertura mentale, curiosità e un sincero desiderio di comprendere un universo diverso da quello conosciuto.

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La rarità dei genitori udenti che si avvicinano alla Lingua dei Segni riflette spesso la difficoltà umana nell’abbandonare le proprie abitudini e preconcetti, e nell’aprirsi alla differenza. Tuttavia, è proprio in questa apertura che si cela la vera ricchezza della vita: nell’incontro con l’altro, nel superamento delle barriere comunicative e nel riconoscimento della varietà e complessità del mondo che ci circonda.

Perché?

Il genitore udente, sorpreso dal fatto che il suo bambino non possa udire, teme che la scelta della Lingua dei Segni possa mettere in risalto quella che è considerata la sola disabilità visibile, mentre altre forme di disabilità passano inosservate. Ma, in realtà, c’è una differenza sostanziale: un ipovedente, per esempio, rivela la sua disabilità immediatamente, mentre un bambino sordo potrebbe non farlo. Questo porta molte famiglie a non essere chiare su quali interventi debbano essere attuati.

È qui che si inserisce la figura dell’interventore, esperto nel campo della sordità e della Lingua dei Segni, che può aiutare i genitori a comprendere e accettare questa realtà. Con il passare degli anni, ci siamo resi conto che il bilinguismo, cioè la conoscenza e l’uso sia della lingua parlata e scritta che della Lingua dei Segni, rappresenta la scelta migliore per i bambini sordi. Questo non solo permette loro di comunicare pienamente, ma offre loro anche un’identità linguistica e culturale di cui poter andare fieri.

Questa situazione ci porta a riflettere sulla soggettività della disabilità e su come essa venga interpretata dalla società. La disabilità non è solo una questione di visibilità, ma anche di comprensione e accettazione da parte di chi ne è coinvolto. E spesso, come nel caso dei genitori di bambini sordi, mancano informazioni chiare e supporto adeguato per affrontare questa sfida.

È la lingua dei segni insegnata solo ai bambini sordi?

Un risoluto no. Anzi, è imprescindibile che anche i giovani udenti si appropriino di questa conoscenza. Immaginiamo sul piano dell’inclusione scolastica cosa significhi per l’allievo sordo poter comunicare con tutti, compresi i suoi compagni di classe, anziché limitarsi a interagire solo con l’Assistente alla Comunicazione. Lo stesso vale nella quotidianità.

Già l’impulso legato all’inclusione dovrebbe essere sufficiente, ma i benefici sono molteplici anche per l’udito. Studi psicolinguistici hanno dimostrato che il bambino udente che utilizza la Lingua dei Segni ha uno sviluppo cognitivo superiore rispetto al bambino udente che non ne fa uso.

Inoltre, come ho osservato in molti dei miei allievi, la conoscenza della LIS, e quindi di una modalità comunicativa che si basa esclusivamente su segni e gesti, favorisce l’accesso a sfere personali che altrimenti resterebbero inesplorate. In sostanza, apprendere una nuova lingua può soltanto portare benefici. E in effetti, osservando la vita, possiamo notare come l’apprendimento di nuovi linguaggi sia sempre una forma di arricchimento e di espansione della mente umana.

Di quale figura si tratta quando lo studente sordo interagisce in classe con l’Assistente alla Comunicazione che è stato citato?

Nelle sfide quotidiane degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione si manifesta il senso stesso della vita, fatta di incontri e scontri, di comprensione e fraintendimenti, di gesti e parole. L’ambiguità del linguaggio si riflette nella loro figura, chiamati ad utilizzare diverse forme di comunicazione per favorire l’inclusione di chi si trova in condizioni di disagio. Come nella vita, dove spesso ci si trova ad adottare differenti approcci per comprendere e farsi comprendere dagli altri.

Il lavoro di mediazione linguistica e culturale svolto dagli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione rappresenta un costante equilibrio tra diversi mondi, diversi modi di percepire la realtà e di esprimersi. Un po’ come il protagonista calviniano de “Le città invisibili” che, viaggiando tra le città fantastiche raccontate da Marco Polo, si trovava a dover mediare tra visioni e culture diverse, cercando di trovare un punto di incontro tra mondi apparentemente inconciliabili.

Nel loro approccio multifaceted, gli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione inevitabilmente si trovano di fronte a ostacoli e sfide, esattamente come ognuno di noi nella propria vita. Ma è proprio attraverso la capacità di adattamento e la ricerca di soluzioni creative che essi riescono a permettere agli studenti con disabilità di accedere all’istruzione e di interagire appieno con i propri compagni.

E così, come nel flusso della vita stessa, gli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione si muovono tra diversi modi di comunicare, tra diverse necessità e modi di apprendimento, cercando di aprire spazi di comprensione reciproca e superando le barriere che si frappongono tra le persone. In questo continuo gioco di equilibri e adattamenti, essi incarnano una lezione fondamentale: la diversità non è un ostacolo, ma una ricchezza da valorizzare e celebrare.

A partire da quale età può essere insegnata questa materia?

Nel momento in cui l’essere umano apre gli occhi per la prima volta, comincia anche a cercare di comunicare. Anche prima di padroneggiare le parole, i neonati manifestano le proprie emozioni e desideri attraverso gesti e espressioni del viso. La Baby Sign Language si inserisce in questo contesto, offrendo un sistema di segni semplificati che permette ai genitori di comprendere meglio i bisogni dei loro piccoli e di comunicare con loro in modo più efficace.

È affascinante come sin da così giovane età il desiderio di comunicare sia così forte da spingere genitori e figli a trovare modi alternativi per superare le barriere linguistiche. È un segno della perseveranza umana nel cercare di superare gli ostacoli, di trovare nuove strade quando quelle tradizionali sono ancora fuori portata. E in un certo senso, è anche un’anticipazione della capacità umana di ingegnarsi e adattarsi alle circostanze, un’abilità che ci accompagnerà per tutta la vita.

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Qual è il metodo di insegnamento della Lingua dei Segni Italiana nelle scuole?

La scuola, come un labirinto di conoscenza, propone ai suoi studenti una varietà di percorsi formativi, come sentieri che si dipanano tra le materie e le discipline.

C’è chi segue il corso delle lingue straniere, lasciandosi affascinare dalle sfumature e dalle sfide di imparare nuove parole e modi di esprimersi. C’è chi si immerge nel mondo delle scienze, cercando di svelare i misteri della natura attraverso esperimenti e osservazioni.

E poi ci sono i progetti interdisciplinari, dove le frontiere tra le materie si sfumano e si apre spazio alla creatività e all’interconnessione tra argomenti diversi, come se fossero i narratori di una storia che si dipana in inaspettate direzioni.

La vita, come la scuola, è costellata di percorsi e scelte. Ogni strada intrapresa porta con sé esperienze uniche e insegnamenti preziosi, arricchendo il bagaglio di conoscenze e contribuendo alla formazione della persona. Così come nella scuola, dove i corsi e i progetti offrono opportunità di crescita e sviluppo, anche nella vita è importante saper scegliere i percorsi che ci permettano di esplorare, conoscere e arricchire il nostro cammino.

Dovrebbe essere incluso come materia obbligatoria nel programma scolastico?

Ebbene sì, la questione della Lingua dei Segni italiana (Lis) è un tema che merita attenzione e riflessione. In un mondo in cui le lingue straniere vengono studiate e insegnate con cura e dedizione, sembra quasi paradossale che la Lis non goda dello stesso status. Eppure, essa è la lingua madre per molti individui sordi e rappresenta uno strumento di comunicazione di fondamentale importanza per la comunità sorda.

La vita ci pone di fronte a molte contraddizioni, e la questione della Lis non fa eccezione. Come molti aspetti della vita, anche la lingua dei segni italiana è vittima di pregiudizi e incomprensioni, ma è anche ricca di storia e cultura. Essa porta con sé un patrimonio linguistico e espressivo unico, eppure spesso viene trascurata e sottovalutata.

In un mondo in cui la diversità linguistica e culturale è un valore da preservare e promuovere, la Lis dovrebbe occupare un posto di rilievo e ricevere l’attenzione e il sostegno che merita. Solo attraverso la consapevolezza e l’inclusione possiamo sperare di superare le barriere che dividono le persone e di costruire un mondo in cui ogni lingua, inclusa la Lis, sia valorizzata e rispettata.

Qual è la relazione tra l’utilizzo dell’“alfabeto muto” da parte dei bambini per comunicare tra di loro senza essere ascoltati dagli adulti e la Lingua dei Segni?

Era una sera d’estate, quando mi ritrovai a conversare con un vecchio signore, ormai in disuso come l’alfabeto muto inventato da Padre G.B. Assarotti. Mi raccontò della sua gioventù, quando imparò a comunicare con le mani, a dare voce al silenzio con gesti eloquenti. E mentre ascoltavo le sue parole, non potevo fare a meno di pensare a quanto il mondo fosse cambiato da allora.

La vita, come l’alfabeto muto, ha subito trasformazioni nel corso del tempo. I segni e i simboli con cui ci esprimiamo si sono evoluti, dando vita a nuove forme di comunicazione. Ma anche di fronte a queste trasformazioni, l’essenza della vita rimane immutata, fatta di desideri, gioie, dolori e speranze.

Nella frenesia della nostra quotidianità, talvolta ci dimentichiamo di guardare al passato per comprendere il presente e immaginare il futuro. Come l’alfabeto muto, anche la vita ci insegna che il cambiamento è inevitabile, ma ciò che conta veramente è la capacità di adattarsi e trovare nuovi modi per esprimere noi stessi e connetterci con gli altri.

E così, mentre il vecchio signore continuava a raccontare le sue storie, mi resi conto che l’alfabeto muto non era solo un sistema di comunicazione per i sordi, ma una metafora della vita stessa, in continuo mutamento ma sempre portatrice di significati profondi e universali.

Qual è la ragione per cui non è corretto definirli come “sordomuti”?

Nella vasta biblioteca della lingua italiana, ricordiamo che le parole hanno il potere di trasformare e definire la realtà. E così, con un semplice cambiamento di vocabolario, si sottolinea la capacità del sordo di comunicare attraverso il linguaggio parlato.

Ma la questione va ben oltre la semantica. La vita stessa è un continuo adattamento, un costante rinnovarsi, come il sordo impara a esprimersi attraverso il suono che non può udire. È un esempio straordinario di resilienza e capacità di superare le limitazioni imposte dalla natura.

Si potrebbe dire che, in un mondo talvolta troppo rumoroso, il sordo possiede una sorta di silenziosa saggezza, un’abilità nell’ascoltare il mondo interiore che molti udenti spesso trascurano. Il cambiamento del vocabolario giuridico non è solo un atto di giustizia linguistica, ma anche un riconoscimento del diritto del sordo di esprimersi pienamente nel tessuto della società.

E così, nella continua evoluzione della lingua e della società, scopriamo nuove modalità di comprensione e comunicazione, riflettendo sulle infinite sfaccettature dell’esperienza umana.

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Qual è il processo di formazione delle nuove parole nella lingua italiana e come vengono introdotte nella comunicazione quotidiana, in particolare i neologismi e i termini utilizzati dalle giovani generazioni per descrivere le novità nel campo della tecnologia?

E così, in un continuo fluire di comunicazione e scambio, la lingua dei segni si arricchisce di nuove forme e significati, creando un universo di espressione ricco e variegato.

La vita, simile a questa lingua dei segni che si evolve e si arricchisce nel suo continuo fluire, è costellata di segni e simboli che vengono introdotti e adottati dalla comunità umana. Sono le esperienze, le emozioni, le tradizioni che plasmano il linguaggio della vita, arricchendolo di significati profondi e trasformandolo in un tessuto sempre più complesso e affascinante.

Ogni gesto, ogni parola, ogni azione diventa così un segno nel grande vocabolario della vita, un modo per comunicare, condividere, ed entrare in contatto con il mondo circostante. E proprio come la lingua dei segni, anche la vita si evolve e si trasforma, arricchendosi di nuovi segni e significati grazie all’incessante scambio e interazione tra gli individui che la abitano.

Molti artisti, dai Coldplay ai Pinguini Tattici Nucleari, stanno iniziando a coinvolgere esperti di Lis per rendere la musica accessibile a un pubblico più ampio. La domanda è se questo cambiamento porti a una maggiore inclusione rispetto al passato.

Nel vasto panorama dell’inclusione sociale, si potrebbe dire che la musica sia solo una delle tante sfaccettature di un diamante sfaccettato. Le note, infatti, possono essere interpretate da chiunque, indipendentemente dalla sua condizione fisica o sensoriale. Ma non è solo la musica che dovrebbe essere accessibile a tutti, bensì ogni ambito della vita quotidiana.

Immaginiamo, ad esempio, un ospedale dove non solo il personale medico è preparato ad accogliere e assistere persone con difficoltà di udito, ma anche dove esista uno sportello Lis, ossia un servizio di traduzione in lingua dei segni italiana. Questo renderebbe l’esperienza ospedaliera più agevole e rassicurante per chi è sordo o ipoudente, eliminando barriere comunicative che spesso possono generare ansia e disagio.

L’accessibilità a 360 gradi, dunque, non dovrebbe essere soltanto un’utopia, ma un obiettivo concreto da perseguire in ogni settore della vita. E se la musica può essere una potente alleata in questo cammino, non possiamo dimenticare che il vero cambiamento avviene quando ogni singolo aspetto della quotidianità diviene inclusivo e accogliente per tutti.

Qual è il profilo degli studenti udenti che desiderano imparare la Lingua dei Segni Italiana insegnata da Lei?

Nel corso delle mie lezioni, mi imbatto in una varietà di esperienze e storie di vita. C’è chi trova nella Lingua dei Segni Italiana un modo non solo per comunicare, ma anche per esplorare un nuovo modo di pensare e percepire il mondo. C’è chi, invece, si avvicina alla Lis per necessità, per poter superare le barriere della comunicazione e comprendere appieno il proprio ambiente.

La diversità delle motivazioni dei miei studenti mi ricorda sempre quanto la vita sia ricca di sfaccettature e di possibilità. Ognuno di noi porta con sé un bagaglio unico di esperienze e desideri, e trova nella Lis un modo per esprimere e condividere tutto questo. È come se la lingua dei segni, con il suo gestire espressivo e articolato, aggiungesse un’altra dimensione alla nostra esistenza, ampliando i confini della comunicazione e della comprensione reciproca.

Mentre mi prendo cura di formare gli Assistenti alla Comunicazione, rifletto sul valore di questa figura che si impegna ad aprire nuove strade di comunicazione e inclusione. È un impegno che va oltre l’apprendimento di segni e regole grammaticali; è un’opportunità di creare connessioni tra le persone, di superare le barriere che ci separano e di celebrare la diversità che arricchisce le nostre vite.

E così, tra insegnanti desiderosi di avvicinarsi ai propri alunni e genitori che cercano di comprendere appieno i propri figli, io continuo a trasmettere non solo una lingua, ma un modo nuovo di guardare alla vita e alle relazioni umane. In ogni gesto e espressione della Lis, vedo la testimonianza della nostra capacità di adattarci e trovare modi alternativi per comunicare, per condividere le gioie e le sfide di esistere insieme.

Qual è il modo in cui la Lis è utile per comunicare con studenti che presentano disturbi del linguaggio, autismo e sindrome di Down?

In questi casi la Lis si rivela necessaria, poiché va a integrare la comunicazione verbale con quella visiva, rendendola più immediata e accessibile. La sua utilità si manifesta soprattutto grazie alla presenza di segni iconici, i quali richiamano direttamente l’oggetto nella realtà. Ma ciò che appare evidente è che la comunicazione, in tutte le sue forme, è un processo complesso, in continuo divenire, che richiede costante adattamento e reinterpretazione. La Lis, quindi, rappresenta solo un tassello in un grande mosaico di linguaggi e modalità comunicative, sempre in evoluzione.